Dal Vangelo secondo Marco (Mc 8,27-35)
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Parola del Signore.
Lode a te, o Cristo.
Il Messia doveva soffrire molto!
San Giovanni Bosco ha avuto molte esperienze spirituali che gli hanno insegnato a crescere come seguace di Cristo e buon sacerdote. La prima esperienza riguarda sua Mamma Margherita Occhiena. Fu lei che a suo figlio appena ordinato sacerdote disse: «Giovanni, sei prete, dici la Messa, di qui in avanti sei dunque più vicino a Gesù Cristo. Ricordati però che cominciare a dir Messa vuol dire cominciare a patire. Non te ne accorgerai subito, ma a poco a poco vedrai che tua madre ti ha detto la verità. Sono sicura che tutti i giorni pregherai per me, sia ancora io viva o sia già morta: ciò mi basta. Tu da qui innanzi pensa solamente alla salute delle anime, e non prenderti nessun pensiero di me» (Memorie Biografiche, I, p. 522).
Ho raccontato questa esperienza spirituale di S. Giovanni Bosco per comprendere meglio la Parola di Dio di questa XXIV Domenica del Tempo Ordinario. Dopo che Gesù ebbe inviato i suoi discepoli a due a due nei villaggi intorno per annunciare il Vangelo, finalmente tornano carichi di gioia. Il potere di Gesù li ha davvero riempiti in modo che potessero compiere perfettamente la Sua stessa opera. Gesù li condusse nella zona di Cesarea di Filippi per riposarsi un po’. Fu allora che Gesù cercò di porre loro questa domanda: “Chi dice la gente che io sia?” E’ un domanda relativamente facile, quindi i discepoli hanno risposto facilmente, menzionando il nome di Giovanni Battista, quello del profeta Elia e uno dei profeti senza nome. Perché Giovanni Battista? Perché lui è la voce che prepara la via alla venuta di Gesù. Battezzò anche Gesù e lo identificò come l’Agnello di Dio. Il profeta Elia è nominato perché, secondo la credenza ebraica, è colui che verrà prima del Messia (Mi 4,5).
La seconda domanda che Gesù pone ai suoi discepoli è un po’ più difficile: “Ma voi, chi dite che io sia?.” Solo con l’aiuto di Dio Pietro ha potuto rispondere: “Tu sei il Messia”. Il Messia agli occhi di Pietro era un vittorioso, un grande liberatore ammirato da tutti. Ma l’idea di Pietro era sbagliata e per questo fu severamente rimproverato, persino chiamato diavolo da Gesù. Il Messia nel disegno di Dio “deve soffrire”. Quindi tutti coloro che seguono il Messia devono essere come Lui. La condizione è rinnegare se stessi, prendere la croce ed essere così degni di seguirlo da vicino.
Veramente Gesù è il Messia Servo umile e sofferente, le cui aspettative sono differenti da quelle dell’antico giudaismo che rivendicava un Messia capace di miracoli, imposizioni e coercizioni. Non è Messia belligerante e altezzoso, capace di rivoluzioni politiche e di affermazioni personali, ma di un messianismo del tutto solidale con i poveri e con i peccatori, con gli ultimi e con gli esclusi, con gli abbandonati. E soprattutto un agnello votato al macello, il cui strumento di salvezza è nient’altro che il supplizio.
Il profeta Isaia, nella prima lettura, aveva già annunciato la visione di un Messia sofferente. Nell’inno sul servo sofferente, Isaia aveva descritto un servo che era rimasto fedele e che si era arreso solo alla volontà di Dio: “Ho dato le spalle a chi mi picchiava e le mie guance a chi mi strappava la barba. Non nascondo la faccia quando vengo calunniato e sputato addosso” (Is 50:6). La forza del Servo era nella presenza di Dio come suo aiutante.
Questa profezia di Isaia si è compiuta nella persona di Gesù Cristo. È Lui il Messia che ha dovuto soffrire per salvare l’umanità. E’ lui che morendo in croce ci ha salvati! E noi dalla croce attingiamo la forza per una vita nuova. È dalla croce che impariamo come il Messia ha amato l’uomo con un amore sconfinato. La salvezza eterna è la speranza di tutti coloro che credono in Lui.
Che cosa dobbiamo fare?
Coloro che sono battezzati sono chiamati i cristiani. Cristiano significa “piccolo Cristo”. Il piccolo Cristo ha fede e crede nel Signore Gesù Cristo. S. Giacomo nella seconda lettura dice che le persone possono dirsi cristiane se anche le loro azioni sono cristiane. Le opere cristiane sono buone azioni che facciamo ai nostri fratelli e sorelle. Giacomo dice che la fede senza le opere è morta. Quindi quello che dobbiamo fare è:
Prima di tutto ringraziare Dio per la fede che riceviamo come dono gratuito. La nostra fede nel Signore Gesù Cristo ci aiuta a crescere come seguaci di Gesù in questo mondo. In secondo luogo, mostriamo la nostra fede in Gesù facendo cose buone e del bene al nostro prossimo. Gesù ha detto: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.” (Matteo 5:16). Altrove Gesù ha detto: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Matteo 25:40).
Siamo discepoli di Gesù nella Chiesa, discepoli che portano la croce e sono disposti a perdere la vita nell’amore e nel servizio per amore di Cristo. Gesù Cristo non vuole che lo seguiamo come il Messia glorioso, che vince facilmente tutti i nemici e stabilisce il suo regno nel mondo. Gesù, piuttosto, ha chiamato i suoi discepoli a mettere da parte le pretese di grandezza e potenza, affinché potessero prendere la loro croce, amarlo e servirlo e servirsi l’un l’altro. Il Messia sofferente è lo specchio della nostra vita. Proviamo ad essere come Lui!
PJ-SDB